lunedì 12 novembre 2012

Questa è un'esercitazione : Disciplinatha, Bologna (.09.XI.12.)


Scene di "Salò o le 120 giornate di Sodoma" si alternano a fotogrammi presi in prestito da "Amici di Maria De Filippi" e da "X-Factor". I volti di Anna Tatangelo, Simona Ventura e di una giovanissima Ambra Angiolini si confondono sugli schermi; un'ora più tardi saranno quelli di Roberto Saviano, Marco Travaglio e Caparezza. Stendardi rossi ospitano loghi della Apple al posto della svastica inclinata di matrice nazista. Il tappeto sonoro non cessa. Si è in balia di tutto ciò cui si assiste, muscoli paralizzati. Dal ritorno dei Disciplinatha non ne usciremo vivi.



Cristiano Santini lo sa e ci guarda con arguta compassione per tutta la durata del concerto. Il pretesto di presentare il cofanetto antologico ("Tesori della Patria", di autarchica manifattura) si rivela un vero e proprio regalo dedicato agli irriducibili e disciplinat(h)i fan del gruppo. Quindici anni sono trascorsi dall'ultima apparizione del collettivo e si ha la consapevolezza di essere parte integrante di un avvenimento storico. Lo sanno i seguaci di vecchia data, ma anche i neofiti, ipnotizzati dall'atmosfera che cala all'interno della struttura che ospita l'attesissima "reunion". Nonostante il Moonlight si consacri come festival a tema "dark-wave" da anni (solo quest'anno trasferitosi dal comune di Fano alla zona industriale di Bologna), questa sera è in atto una celebrazione unica, importante, che mette in secondo piano tutto il resto (anche i Fangs on Fur e gli O Children, a cui spetta il difficile compito di aprire le danze). Ad esaltare maggiormente il "senso di sacro" che emana l'evento è la bellissima mostra di Simone Poletti (Dinamo Innesco Rivoluzione, ideatore del cofanetto) dall'immaginario futurista mai così adeguato.




Sul palco ci sono tutti, o quasi. Dario Parisini e la sua chitarra, ruvida e distorta come prima (più di prima); Cristiano Santini, naturalmente (reduce dalla produzione del nuovissimo album di Miro Sassolini); Valeria Cevolani e Roberta Vicinelli; addirittura Marco Maiani (primissimo bassista del gruppo) e Simone Bellotti (batterista ai tempi di "Maciste contro tutti"). L'unico assente è Davide Albertazzi, che vive a Birminghan da anni. Per l'occasione accompagnano i nostri eroi un preparatissimo coro di Alpini giunti apposta da Trento (primissima sorpresa della serata) e il coro delle mondine di Bentivoglio (paese natìo del gruppo).

Si resta imbambolati dinanzi a queste inusuali collaborazioni e non si può che applaudire entusiasti la compostezza e lo spirito delle anziane e timide figure che popolano la scena. La genuinità delle mondine che intonano "Vi ricordate quel 18 Aprile?" mentre Santini le dirige austero e Parisini fa vibrare con prepotenza un'acidissima chitarra elettrica è commovente e strappa un sorriso di gratitudine.
Siamo fortunati ad essere qui.



Non resta nemmeno un minuto per riprendere fiato. Le luci bianche accecano, il rumore investe. Il tempo non sembra essere trascorso, nemmeno per i brani più classici. "Gli ottanta milioni di ricchi tedeschi grassi" evocati sembrano immagini da telegiornale della sera, eppure "Nazioni" fece la sua prima apparizione nel 1991. Non è questo che meraviglia: sorprende come abbiano potuto i Disciplinatha restare lontani dalle scene (da noi!) per così tanto tempo. Sorprende, mentre cantiamo a squarciagola "Up Patriots to Arms", rubata a Battiato per renderla più fredda e disincantata; mentre ascoltiamo "Crisi di valori", la stessa di cui volti incartapecoriti e finti giovani ciarlano in spazi televisivi più o meno disgustosi; mentre ci appropriamo di "A noi! A noi! Addis Abeba!", il ritornello che terrorizza, come custodi di un segreto elitario ma opprimente. 
Sorprende, perché della loro spietatezza c'è bisogno, oggi più di ieri.



La bellezza dei Disciplinatha risiede nel contrastare con meravigliosa crudeltà l'infantile concezione del "giusto". Bellezza nel ridicolizzare "l'Impegnato", il portatore sano di kefiah, il centro sociale, i democratici, la stampa, CasaPound: i collezionisti di alibi. Con ardore denso di luoghi comuni, queste identità non si accorgono di indossare "altre" divise, radicate nel proprio ragionare depauperato di giudizio critico, privo di sfumatura alcuna.

Persone che non credono di salvare il mondo, ma che hanno disperato bisogno di dare un senso alla propria esistenza attraverso il senso di appartenenza. Marciano e discorrono di cose futili, circoscrivono musica, cinema e letteratura alle "idee" di cui si fanno portavoce. Creano tabù e non osano superare le colonne d'Ercole del giudizio, temendo di restare soli.


Disciplinatha giudica, con la consapevolezza dettata dalla ricerca, sventolando lo stendardo del Male che l'animale sociale tende a riconoscere come tale. 

Disciplinatha punta il dito e disprezza chi non capirà mai che la Terra, se sopravviverà, lo farà senza l'uomo.
Disciplinatha critica e nega chi si fa portatore di principi e dileggia chi si veste di verità, mascherandola con falsa morale.


Si annega nella bellezza dell'atroce, dichiarando guerra a chi sfugge il lutto delle coscienze, della cultura, dell'esistenza. Agli inconsapevoli.



"Sarà una forza gravitazionale a forzare i volti,

costringere le schiene,
giù,
verso il basso,
giù...

Nel caos dei non-uomini mi rifiuto di vivere,

con i lupi delle piazze mi rifiuto di ululare,
tra gli squali delle valli mi rifiuto di nuotare,
giù per la corrente delle schiene piegate..."



  • Solo Alpini/Signore delle cime/La Julia (Coro Alpino di Monte Calisio)
  • Bandiera nera (con il Coro Alpino di Monte Calisio)
  • Lo stato delle cose
  • Nazioni
  • Milizia
  • Crisi di valori
  • Vi ricordate quel 18 Aprile? (con il Coro delle Mondine di Bentivoglio)
  • Sei stato tu a decidere
  • Up Patriots to Arms
  • Esilio
  • Addis Abeba

    Qui il servizio di Rai 3 (Emilia Romagna)



    (Foto: gregorsamsaestmort)