sabato 11 maggio 2013

Fedele alla Linea: Bologna (.11.V.13.)

Ho amato il fatto che "Fedele alla Linea" non fosse un documentario ma una conversazione. Ho amato soprattutto il fatto che non spiegasse, che non chiarisse nulla riguardo al personaggio Ferretti di cui si discute da anni in un unico asfissiante, opprimente modo. Di certo, l'anteprima di ieri alla Cineteca è stata conferma di un m.o. tutto italiano. Il cinema strapieno, le file alla cassa composte da ragazzi più o meno giovani (molti dei quali sfoggianti creste e tagli "mohawk"). La sete di CCCP sul volto di molti. Più di ogni cosa, la sete di sapere. La sete di vivisezionare questo eroe di culto della scena alternativa italiana. Gli stessi che l'hanno giudicato con sufficienza -quelli di "E' impazzito", "E' un traditore"- presenziano all'evento. Le insegne luminose ("Incontro con Giovanni Lindo Ferretti e Germano Maccioni") attirano gli allocchi. Cercano di mostrarsi distaccati ma non possono: sono comunque eccitati. Eccitati di avere a pochi metri da loro l'Indesiderabile. Una volta terminata la visione, non importa che dicano "Alla fine è sempre stato coerente" o "Alla fine è davvero uscito fuori di senno". L'importante, per loro, è che stasera siano qui. Quando torneranno ai loro nidi avranno più diritto degli altri a parlare, in quanto testimoni diretti dell'evento.




Maccioni e Ferretti introducono. Giovanni non ha ancora visto il film, prende posto tra noi e il buio avvolge la sala. Ad ogni minuto che passa tiro sospiri di sollievo. La delusione è palpabile tra i "commensali". Qualcuno russa nelle ultime file. Si conclude il tutto con entusiasmo, gli applausi partono dai più anziani, le domande più interessanti scaturiscono dai cinefili, frequentatori abituali del Lumière. Un giovane gallo cedrone, infine, alza la mano. Pone traballante una domanda arzigogolata per niente inerente a questo documento "barbaro", antico. La conversione. La Chiesa. Mi aspetto, disincantato, un Ratzinger, infilato per caso, che per fortuna non viene tirato in ballo. Il regista e il protagonista -suo malgrado- della serata sono giustamente infastiditi. L'imbarazzo tenero, sincero, di Giovanni lascia il posto ad una delusione che deve provare giorno per giorno, da molti anni a questa parte. "Sono semplicemente tornato a casa, tornato alle orgini" -È così difficile da ca
pire? C'è davvero bisogno di chiedere chiarimenti al riguardo?- "Io non provo interesse per la Chiesa in quanto istituzione, per il marcio che, inevitabilmente c'è in essa... del resto è fatta dall'uomo. Ho un approccio alla fede totalmente bambino, vi stupirei da questo punto di vista".


Finisce con un po' di tristezza un'altra bellissima esperienza. Sarebbe stato bello discorrere di "Saga", sine dubio il disco più bello, più vero di Ferretti, sarebbe stato bello informarsi sugli intenti cinematografici di quest'opera equestre (visto che "Fedele alla Linea" sembra il preludio di qualcos'altro, qualcosa di ancor più epico), ma Ferretti, più di tutti, è condannato. Per quanto il tempo passerà, tra il suo pubblico persisteranno sempre coloro che aspettano di urlare "Lode a Mishima e a Majakovskij" (del Padiglione d'Oro e de La Nuvola in Calzoni, però, non c'è traccia!) o "Al principio era Pravda: parola verità" (senza riderne, per carità!).

Penso alla malinconia ancestrale insita nello sguardo di Ferretti e ascolto il suo meraviglioso "canto dei canti". Spesse volte sfugge, ma il Nostro, sull'Appennino di Pasolini, è nato pastore, da pastori. Pastore è tornato ad essere. Sta a noi non far la parte delle pecore.



Come bambino so sentirmi offeso, ma
tiro avanti senza dargli peso
non sempre so dire chi, perchè
ma cosa pretendere da un bimbo come me?

Miro ai lampioni che s'oppongono alla luna,

miro l'ombra che intralcia la fortuna.

Sto sdraiato nei campi nelle ore più belle
a pancia in su o giù a rimirar le stelle.

O godo, soffro l'amore
tendo la fionda ai lampioni che s'oppongono alla luna,
miro i prepotenti e i coglioni,
tiro alle ombre che intralciano la fortuna.

Come bambino vedo la politica un gioco da poco
si gioca per amore, obbligato
da tenere sotto controllo come il fuoco.

Sto sdraiato nei campi nelle ore più belle
a pancia in su o giù a rimirar le stelle.